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LIl progetto della Fondazione Ferrari di Manerbio prevede l’apprendimento della lingua inglese grazie alla compresenza per 27 ore settimanali di un'insegnante specialista in tale lingua: con i bambini parla esclusivamente inglese e utilizza materiale didattico specifico per l’insegnamento.
Tutto il percorso seguirà modalità e ritmi adeguati ai bambini, perché possano vivere l’esperienza come la scoperta di un gioco nuovo ed appassionante.
La sezione bilingue avrà la compresenza costante di un'insegnante italiana in ruolo presso la Fondazione Ferrari.
Riportiamo un breve e interessante articolo di Paola Adamo – di Open minds:
Un numero crescente di famiglie si interroga su come insegnare precocemente l’inglese ai propri figli, perché si comprende che quando loro saranno grandi non sarà possibile non essere fluenti in questa lingua, per potere studiare e lavorare.
Per questo abbondano corsi di inglese per bambini, aumentano le iscrizioni agli asili bilingui e alle scuole internazionali, si tende a mandare sempre più precocemente i bambini in vacanza studio all’estero.
Del resto, un altro tipo di bilinguismo è ancora più diffuso nel Paese, ed è il bilinguismo dei bambini i cui genitori sono stranieri, migrati in Italia alcuni anni fa. Questi bimbi sono nati in Italia e magari parlano in casa la lingua natale, mentre a scuola e con i compagni parlano italiano.
Per questo, si affaccia la consapevolezza del bilinguismo e abbondano le domande ed i dubbi sui genitori circa i vantaggi o gli svantaggi del bilinguismo
Il bilinguismo è una condizione naturale in moltissime culture: i bambini in molti posti del mondo imparano almeno due lingue o dialetti contemporaneamente. Accade per esempio in tutte le aree di confine, abitate da persone appartenenti a comunità che parlano lingue differenti, o nelle enclavi, ovvero zone in cui abitano comunità la cui lingua nativa è diversa da quella del paese ospitante.
La stessa cosa accadeva normalmente anche in varie regioni italiane, nelle quali a casa si parla(va) dialetto e a scuola o in ufficio si parla(va) italiano. Chiunque di noi probabilmente ha avuto almeno dei nonni bilingui, se ci pensate: parlavano magari dialetto tra coniugi o fratelli, e italiano ai figli.
L’ Italia è un Paese che negli ultimi decenni ha progressivamente abbandonato il proprio naturale bilinguismo lingua/dialetto, perché a livello culturale e politico è stata data la priorità alla lingua italiana, unificante le regioni e comunità del nostro territorio.
Tra i risultati di questa politica, c’è una certa “paura” del bilinguismo. Negli anni ’70 si erano diffuse, anche a livello medico, una serie di teorie (che poi sono risultate poco fondate) che insistevano sugli svantaggi del bilinguismo a livello culturale, cognitivo e comportamentale, indicando in esso la causa per una “confusione” del bambino. I sintomi soprattutto descritti erano il ritardo nell’esordio del linguaggio, gli errori e le interferenze, ed inoltre si correlavano al bilinguismo le difficoltà scolastiche eventualmente vissute dai bambini bilingui.
Gli studi più recenti hanno in realtà dimostrato che non è vero che il bilinguismo causa “confusione”, oppure problematiche di linguaggio o di apprendimento nei bambini.
Studi più recenti hanno dimostrato che le percentuali di disturbo di apprendimento o di linguaggio sono assolutamente paragonabili tra i soggetti monolingui e bilingui, quindi non è vero che il bilinguismo causa queste difficoltà (altrimenti le percentuali sarebbero molto più alte). È vero che con il tempo i bambini bilingui risolvono i problemi di confusione linguistica ed arrivano a parlare correttamente entrambe le lingue cui sono esposti.
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